Donato Altomare
I suoi libri per le edizioni TABULA FATI
mercoledì 10 marzo 2010
domenica 23 marzo 2008
Recensione a "L'Albero delle Conchiglie" (MEDITERRANEO FOR PEACE)
Un racconto in cui la fantasia si innesta sull’accurata ricostruzione storica. Chi legge entra in un periodo buio, l’undicesimo secolo, per scoprirne la quotidianità resa vivida da immagini, paesaggi, avventure e sentimenti: la vita dei pescatori sulla costa dell’Adriatico e la paura delle incursioni dei saraceni, la bellezza del mare e il turbamento del giovane Corrado che accompagna Matilde sull’isolotto e al suo destino di novizia, deciso per lei dalla famiglia. E, ancora, l’avvistamento dall’alto di una torre della nave dei mori, visione che getta nel panico gli abitanti della zona costiera, salvati dall’arrivo provvidenziale di tre velieri veneziani. Ancora oggi, il sentimento dell’indicibile paura è rievocato nelle innumerevoli feste locali, celebrate lungo l’intera fascia adriatica, dedicate alla sconfitta dei saraceni e del terrore provocato dai loro assalti. Altrettanto coinvolgente è la leggenda della Malombra del mare che, richiamata dal suono delle conchiglie, fornisce il suo aiuto prezioso a Corrado per poi pretendere il pegno feroce di una giovane vita umana. Toccante è l’umanità tratteggiata nella relazione tra il saraceno e il giovane cristiano, accomunati da un vincolo da loro inimmaginabile se il destino non avesse voluto dispiegarlo con gli eventi, storicamente plausibili, che costituiscono la trama del racconto. E, infine, la ferocia e l’inaudita crudeltà delle conseguenze di ciò che allora costituiva la “normalità” nell’intendere il sacro e le relazioni sociali.Un romanzo che ho raccontato a mia figlia, affascinata dalle avventure narrate fantasticando il mare, i suoi colori e la storia di cui è stato protagonista nel tempo.
Menichella
http://forummediterraneoforpeace.it.forumfree.net/?t=26349742
Menichella
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giovedì 20 marzo 2008
Recensione di Renzo Montagnoli a "L'Albero delle Conchiglie"
Le leggende, frutto di secoli di trasmissioni per lo più orali, mi hanno sempre interessato, perché, anche se spesso non hanno nemmeno un fondo di verità, però rappresentano la cultura letteraria popolare di zone ben determinate.
Donato Altomare, prendendo spunto da una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla Scogliera delle Monacelle, ha costruito, con la consueta abilità che gli è propria, un avvincente romanzo fantastico.
Eppure è rimasto fedele a certi aspetti che danno una credibilità alla vicenda, sia ambientandola in un’epoca di scorrerie saracene, sia mantenendo fede agli elementi tipici di quel tempo, e quindi senza incorrere in errori, sovente grossolani, che finiscono con il disorientare il lettore.
Di questo suo minuzioso lavoro di ricerca storica Altomare ci parla, a romanzo terminato, nelle ultime pagine, una sorta di resoconto di ciò che è stato necessario per la stesura dell’opera.
Quindi, pur nello sviluppo fantastico, restano fermi dei punti ben consolidati e che con la loro realtà costituiscono le fondamenta dell’intera struttura.
Non sto a raccontarvi la storia, ben articolata, con dei personaggi che destano una naturale simpatia, per non togliervi il piacere di leggerla.
Alle prime pagine ho avuto l’impressione di trovarmi fra le mani una fiaba, ma poi le caratteristiche favolistiche sono progressivamente venute meno, per dar spazio a una fantasia che non può lasciare indifferenti tutti i lettori, dai ragazzini a quelli meno giovani come me.
Infatti l’abilità nel descrivere certe scene, soprattutto quelle di battaglia, fa sì che l’intero percorso narrativo si snodi figurativamente come in una pellicola cinematografica, con una tensione e un mistero legati non solo al mostro (la Malombra d’Acqua), ma anche ai protagonisti.
La fine, come si conviene, è quel che ci si aspetta, ma una volta tanto fa piacere pensare che due giovani possano vivere felici e contenti, nonostante le miserie e gli orrori del mondo che li circonda.
E’ un messaggio di speranza, per loro, ma anche, soprattutto, per noi.
Concludo raccomandandone la lettura.
Renzo Montagnoli
http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=3361
Donato Altomare, prendendo spunto da una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla Scogliera delle Monacelle, ha costruito, con la consueta abilità che gli è propria, un avvincente romanzo fantastico.
Eppure è rimasto fedele a certi aspetti che danno una credibilità alla vicenda, sia ambientandola in un’epoca di scorrerie saracene, sia mantenendo fede agli elementi tipici di quel tempo, e quindi senza incorrere in errori, sovente grossolani, che finiscono con il disorientare il lettore.
Di questo suo minuzioso lavoro di ricerca storica Altomare ci parla, a romanzo terminato, nelle ultime pagine, una sorta di resoconto di ciò che è stato necessario per la stesura dell’opera.
Quindi, pur nello sviluppo fantastico, restano fermi dei punti ben consolidati e che con la loro realtà costituiscono le fondamenta dell’intera struttura.
Non sto a raccontarvi la storia, ben articolata, con dei personaggi che destano una naturale simpatia, per non togliervi il piacere di leggerla.
Alle prime pagine ho avuto l’impressione di trovarmi fra le mani una fiaba, ma poi le caratteristiche favolistiche sono progressivamente venute meno, per dar spazio a una fantasia che non può lasciare indifferenti tutti i lettori, dai ragazzini a quelli meno giovani come me.
Infatti l’abilità nel descrivere certe scene, soprattutto quelle di battaglia, fa sì che l’intero percorso narrativo si snodi figurativamente come in una pellicola cinematografica, con una tensione e un mistero legati non solo al mostro (la Malombra d’Acqua), ma anche ai protagonisti.
La fine, come si conviene, è quel che ci si aspetta, ma una volta tanto fa piacere pensare che due giovani possano vivere felici e contenti, nonostante le miserie e gli orrori del mondo che li circonda.
E’ un messaggio di speranza, per loro, ma anche, soprattutto, per noi.
Concludo raccomandandone la lettura.
Renzo Montagnoli
http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=3361
lunedì 3 marzo 2008
"Donato Altomare narratore" di Francesco Urbano (in “Il Cardo selvatico”)
Escono in questi giorni due volumi del narratore molfettese Donato Altomare. Si tratta de "L’albero delle conchiglie" (Tabula Fati, Chieti) e di "Vladimir Mei, Libero Agente" (Edizioni Della Vigna, Arese).
Non si tratta propriamente di due novità, infatti il primo fu edito dall’Editore Milella di Bari nel 1994 ma era ormai introvabile e davvero meritava di essere ripubblicata quest’avvincente storia avventurosa per ragazzi, con un intreccio che coniuga ricostruzione storica, leggende orali e fantasia, e che già nel 1994 vinse una sezione del Premio Nazionale di Letteratura per l’Infanzia “Giacomo Giulitto” - Città di Bitritto. Un plauso all’editore, che ha in catalogo anche altre opere di Altomare, per aver reso nuovamente disponibile al pubblico una così bella storia.
"Vladimir Mei" era già apparso in e-book nel 2004 per l’editore Gullivertown.com e anche in questo caso l’edizione su carta proposta dalle Edizioni Della Vigna, casa editrice giovane ma dalla idee molto chiare (per dirla in gergo: con una ben precisa strategia editoriale) era nondimeno attesa.
Francesco Urbano
http://www.ilcardoselvatico.it/blog/2008/03/03/donato-altomare-narratore/
L’albero delle conchiglie
Romanzo, 144 pagine
Editore: Tabula Fati, 2008
ISBN: 978-88-7475-134-1
Con questo racconto Donato Altomare ci ammannisce un intreccio fantastico, rielaborando, con parecchie aggiunte personali, il plot di una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla cosiddetta Scogliera delle Monacelle e che non sarebbe certo dispiaciuta a Jack La Bolina (Angelo Vittorio Vecchj), il dimenticato autore di Leggende di mare e altre scritture (1921).
Le aggiunte personali riguardano in particolare invenzioni come quella della Malombra d’Acqua e dell’Albero delle Conchiglie, che evoca il biblico Albero della Conoscenza del Bene e del Male e che giustamente dà il titolo all’opera, risolta in una narrazione ora divertita, ora incalzante e appassionata come certe trame d’appendice.
Muovendosi tra leggenda e storia, fra oralità popolare e avventura, fra immaginazione e sogno, fra orrore ed eroismo, Donato Altomare ha intessuto un’avvincente fiaba da raccontare innanzi tutto al suo diletto Corrado, ma destinata anche a tutti gli altri ragazzi che vorranno accostarsi a essa. E intendo dire proprio tutti i ragazzi, piccoli o cresciuti che siano.
Vladimir Mei, libero agente
Romanzo, 340 pagine
Editore: Edizioni Della Vigna, 2008
ISBN: 978-88-6276-003-4
Vladimir Mei appartiene ai Liberi Agenti, sorta di mercenari che operano nella Galassia. Un giorno viene assoldato dalla Presidente della MegaGalattica, la maggior società produttrice di energia, per occuparsi di un “problema” che ha colpito la sua più grande centrale. Non è più possibile utilizzarla, né mettersi in contatto con i tecnici. Quattro Agenti hanno già fallito; ma Vlad, dopo una cruenta battaglia, riuscirà a risolvere la questione. E nel farlo imparerà, o almeno crederà di imparare, un nuovo modo per ottenere energia a buon mercato, riuscendo a convincere la Presidente a imbarcarsi nell’impresa. Ma non tutto è come appare, e al ritorno dal pianeta che custodisce il segreto Vlad e la Presidente avranno un’amara sorpresa… che li condurrà alla battaglia finale.
Un romanzo avventuroso nella tradizione classica, da leggere tutto d’un fiato.
Donato Altomare nasce a Molfetta nel 1951 e vi risiede. È laureato in Ingegneria Civile presso l’Università di Bari ed esercita la libera professione.Ha vinto due Premi Italia a San Marino e Courmayeur, il Premio Urania 2000 col romanzo inedito "Mater Maxima" (poi edito da Mondadori) e nel 2005 il Premio Le Ali della Fantasia per l’inedito col romanzo Surgeforas.Tra le varie pubblicazioni da ricordare i volumi "Cuore di ghiaccio" (La Vallisa, Bari 1989), "La risata di Dio" (Solfanelli, Chieti 1993), L’albero delle conchiglie (Milella, Bari 1994), Prodigia (Tabula fati, Chieti 2001), "Mater Maxima" (Mondadori, Milano 2001), "Uno spettro, probabilmente" (Mondo Ignoto, Roma 2004), "E la padella disse…" (Delos Books, Milano 2004), "Il fuoco e il silenzio" (Perseo Libri, Bologna 2005), "Il tesoro della Grancia" (BESA, Nardò 2005), "Surgeforas" (Tabula fati, Chieti 2006). Sono stati pubblicati all’estero: "Cas je spiràla" (tit. orig. "Dolcissima Roberta", romanzo breve, Svet Fantastiky n. 1, Praga 1990); "Il popolo del cielo" (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1993); "La casa degli scheletri" (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1996).
Non si tratta propriamente di due novità, infatti il primo fu edito dall’Editore Milella di Bari nel 1994 ma era ormai introvabile e davvero meritava di essere ripubblicata quest’avvincente storia avventurosa per ragazzi, con un intreccio che coniuga ricostruzione storica, leggende orali e fantasia, e che già nel 1994 vinse una sezione del Premio Nazionale di Letteratura per l’Infanzia “Giacomo Giulitto” - Città di Bitritto. Un plauso all’editore, che ha in catalogo anche altre opere di Altomare, per aver reso nuovamente disponibile al pubblico una così bella storia.
"Vladimir Mei" era già apparso in e-book nel 2004 per l’editore Gullivertown.com e anche in questo caso l’edizione su carta proposta dalle Edizioni Della Vigna, casa editrice giovane ma dalla idee molto chiare (per dirla in gergo: con una ben precisa strategia editoriale) era nondimeno attesa.
Francesco Urbano
http://www.ilcardoselvatico.it/blog/2008/03/03/donato-altomare-narratore/
L’albero delle conchiglie
Romanzo, 144 pagine
Editore: Tabula Fati, 2008
ISBN: 978-88-7475-134-1
Con questo racconto Donato Altomare ci ammannisce un intreccio fantastico, rielaborando, con parecchie aggiunte personali, il plot di una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla cosiddetta Scogliera delle Monacelle e che non sarebbe certo dispiaciuta a Jack La Bolina (Angelo Vittorio Vecchj), il dimenticato autore di Leggende di mare e altre scritture (1921).
Le aggiunte personali riguardano in particolare invenzioni come quella della Malombra d’Acqua e dell’Albero delle Conchiglie, che evoca il biblico Albero della Conoscenza del Bene e del Male e che giustamente dà il titolo all’opera, risolta in una narrazione ora divertita, ora incalzante e appassionata come certe trame d’appendice.
Muovendosi tra leggenda e storia, fra oralità popolare e avventura, fra immaginazione e sogno, fra orrore ed eroismo, Donato Altomare ha intessuto un’avvincente fiaba da raccontare innanzi tutto al suo diletto Corrado, ma destinata anche a tutti gli altri ragazzi che vorranno accostarsi a essa. E intendo dire proprio tutti i ragazzi, piccoli o cresciuti che siano.
Vladimir Mei, libero agente
Romanzo, 340 pagine
Editore: Edizioni Della Vigna, 2008
ISBN: 978-88-6276-003-4
Vladimir Mei appartiene ai Liberi Agenti, sorta di mercenari che operano nella Galassia. Un giorno viene assoldato dalla Presidente della MegaGalattica, la maggior società produttrice di energia, per occuparsi di un “problema” che ha colpito la sua più grande centrale. Non è più possibile utilizzarla, né mettersi in contatto con i tecnici. Quattro Agenti hanno già fallito; ma Vlad, dopo una cruenta battaglia, riuscirà a risolvere la questione. E nel farlo imparerà, o almeno crederà di imparare, un nuovo modo per ottenere energia a buon mercato, riuscendo a convincere la Presidente a imbarcarsi nell’impresa. Ma non tutto è come appare, e al ritorno dal pianeta che custodisce il segreto Vlad e la Presidente avranno un’amara sorpresa… che li condurrà alla battaglia finale.
Un romanzo avventuroso nella tradizione classica, da leggere tutto d’un fiato.
Donato Altomare nasce a Molfetta nel 1951 e vi risiede. È laureato in Ingegneria Civile presso l’Università di Bari ed esercita la libera professione.Ha vinto due Premi Italia a San Marino e Courmayeur, il Premio Urania 2000 col romanzo inedito "Mater Maxima" (poi edito da Mondadori) e nel 2005 il Premio Le Ali della Fantasia per l’inedito col romanzo Surgeforas.Tra le varie pubblicazioni da ricordare i volumi "Cuore di ghiaccio" (La Vallisa, Bari 1989), "La risata di Dio" (Solfanelli, Chieti 1993), L’albero delle conchiglie (Milella, Bari 1994), Prodigia (Tabula fati, Chieti 2001), "Mater Maxima" (Mondadori, Milano 2001), "Uno spettro, probabilmente" (Mondo Ignoto, Roma 2004), "E la padella disse…" (Delos Books, Milano 2004), "Il fuoco e il silenzio" (Perseo Libri, Bologna 2005), "Il tesoro della Grancia" (BESA, Nardò 2005), "Surgeforas" (Tabula fati, Chieti 2006). Sono stati pubblicati all’estero: "Cas je spiràla" (tit. orig. "Dolcissima Roberta", romanzo breve, Svet Fantastiky n. 1, Praga 1990); "Il popolo del cielo" (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1993); "La casa degli scheletri" (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1996).
sabato 1 marzo 2008
Novità editoriale: L'ALBERO DELLE CONCHIGLIE (Edizioni Tabula fati)
Con questo racconto Donato Altomare ci ammannisce un intreccio fantastico, rielaborando, con parecchie aggiunte personali, il plot di una leggenda marinara fiorita a Molfetta sulla cosiddetta Scogliera delle Monacelle e che non sarebbe certo dispiaciuta a Jack La Bolina (Angelo Vittorio Vecchj), il dimenticato autore di Leggende di mare e altre scritture (1921).
Donato Altomare
Le aggiunte personali riguardano in particolare invenzioni come quella della Malombra d’Acqua e dell’Albero delle Conchiglie, che evoca il biblico Albero della Conoscenza del Bene e del Male e che giustamente dà il titolo all’opera, risolta in una narrazione ora divertita, ora incalzante e appassionata come certe trame d’appendice.
Muovendosi tra leggenda e storia, fra oralità popolare e avventura, fra immaginazione e sogno, fra orrore ed eroismo, Donato Altomare ha intessuto un’avvincente fiaba da raccontare innanzi tutto al suo diletto Corrado, ma destinata anche a tutti gli altri ragazzi che vorranno accostarsi a essa. E intendo dire proprio tutti i ragazzi, piccoli o cresciuti che siano.
Donato Altomare nasce a Molfetta nel 1951 e vi risiede. È laureato in Ingegneria Civile presso l’Università di Bari ed esercita la libera professione.
Ha vinto due Premi Italia a San Marino e Courmayeur, il Premio Urania 2000 col romanzo inedito Mater Maxima e nel 2005 il Premio Le Ali della Fantasia per l’inedito col romanzo Surgeforas.
Tra le varie pubblicazioni da ricordare i volumi Cuore di ghiaccio (La Vallisa, Bari 1989), La risata di Dio (Solfanelli, Chieti 1993), L’albero delle conchiglie (Milella, Bari 1994), Prodigia (Tabula fati, Chieti 2001), Mater Maxima (Mondadori, Milano 2001), Uno spettro, probabilmente (Mondo Ignoto, Roma 2004), E la padella disse… (Delos Books, Milano 2004), Il fuoco e il silenzio (Perseo Libri, Bologna 2005), Il tesoro della Grancia (BESA, Nardò 2005), Surgeforas (Tabula fati, Chieti 2006). Sono stati pubblicati all’estero: Cas je spiràla (tit. orig. Dolcissima Roberta, romanzo breve, Svet Fantastiky n. 1, Praga 1990); Il popolo del cielo (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1993); La casa degli scheletri (testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1996).
Donato Altomare
L'ALBERO DELLE CONCHIGLIE
Presentazione di Marco I. de Santis
Edizioni Tabula fati, Chieti 2008
[ISBN-978-88-7475-134-1]
[ISBN-978-88-7475-134-1]
Pagg. 144 - € 8,50
mercoledì 7 giugno 2006
Presentazione di Roberto Genovesi a SURGEFORAS
Niente paura. Non voglio propinarvi una prefazione ridondante di aggettivi ed avverbi. All’autore di questo romanzo non serve. Dunque mettetevi comodi perché è il momento di presentarvi una persona davvero speciale: Donato Altomare.
È difficile in Italia intraprendere il “mestiere’’ dello scrittore. Non basta saper scrivere, anzi, spesso è una condizione che non giova affatto. Più spesso occorre apparire. Donato Altomare non è tipo da compromessi di questo genere e, da buon pugliese di razza, è capace di sbattere la testa contro il muro mille volte pur di arrivare al traguardo senza passare per scorciatoie. Dalla sua ha una fantasia da catena di produzione e uno stile narrativo capace di attirare l’attenzione di un orso in letargo.
Donato da Molfetta riesce a passare indifferentemente dalla dimensione del racconto a quella del romanzo. Dalla favola per ragazzi, alle trame complesse per il pubblico più adulto. E ogni volta che parla di una nuova storia, che sta scrivendo o che comincerà presto a scrivere, i sui occhi si illuminano come se fossero potenti fari di un pick up scagliati nella notte della modestia umana.
Quando Altomare sogna, lo fa per far sognare i suoi lettori. Un vero e proprio medium delle dimensioni “altre’’, una sorta di Virgilio moderno per palati raffinati. Quando leggo le sue storie mi torna sempre in mente uno dei miei scrittori preferiti: Theodore Sturgeon. Che faceva della fantascienza una sorta di cornice per raccontare i disequilibri del mondo e proporre le chiavi per scardinarne l’ipocrisia. Non si offenda nessuno ma senza gente come Lino Aldani, Renato Pestriniero e Donato Altomare il fantastico italiano sarebbe oggi solo una riga in più nel lungo elenco di fallimenti della narrativa contemporanea italiana nel panorama culturale europeo.
Quando Donato Altomare era già “qualcuno’’, almeno nella cerchia degli appassionati di settore che affollavano le convention, io muovevo i primi passi da ragazzino sognatore badando bene di camminare in equilibrio (e lui solo sa quante volte non ci sia riuscito) nell’ombra di un grande maestro come Gianfranco de Turris. Oggi, grazie anche alla richiesta dello stesso GdT, mi ritrovo a scrivere la presentazione di un libro di Donato Altomare.
Lasciando stare le lezioni filosofiche di René Guénon, direi che il percorso circolare delle casualità “volute’’ della vita si è compiuto. Ed ora, cullato dalla mia soddisfazione, e non senza un velo di commosso imbarazzo, faccio un discreto passo indietro. Prima di abbandonare la scena, lascio che una mano vi aiuti a scostare il telo di quinta del palcoscenico per introdurvi alla scena di Surgeforas.
Il meccanismo scelto da Altomare è quello dei racconti concatenati che procedono ad incastro fino a svelare al lettore uno scenario coerente. Tasselli di un puzzle che si rivela di fronte agli occhi del lettore solo a narrazione inoltrata. A metà strada tra il fantastico e il gotico, Surgeforas è una storia di dèmoni e uomini e di qualcosa che va al di là della umana concezione di vita e morte.
Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.
Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.
Surgeforas ricorda a tratti le sarabande dei film felliniani, ma come se fossero calati nelle nebbie dei miti nordici dove esseri sovrumani spesso dettano le mosse della storia umana. Un arcobaleno di sensazioni dalle sfumature tendenti al nero. Un arcobaleno che, comunque, preannuncia sempre la fine della tempesta. Anche se sappiamo che, come rivela il romanzo, la tempesta prima o poi si farà rivedere.
Alla fine della lettura, quando ormai era chiaro anche a me che Surgeforas non avrebbe vinto, mi sono lasciato sfuggire un compiaciuto sorriso, certo che l’ennesimo volo di fantasia di Donato Altomare avrebbe lasciato anche in voi, come tutti gli altri suoi romanzi e racconti, almeno un ricordo, una sensazione, una percezione di levità. Come quando si sorseggia un buon vino e si continua ad assaporarne il retrogusto anche a cena conclusa.
Roberto Genovesi
È difficile in Italia intraprendere il “mestiere’’ dello scrittore. Non basta saper scrivere, anzi, spesso è una condizione che non giova affatto. Più spesso occorre apparire. Donato Altomare non è tipo da compromessi di questo genere e, da buon pugliese di razza, è capace di sbattere la testa contro il muro mille volte pur di arrivare al traguardo senza passare per scorciatoie. Dalla sua ha una fantasia da catena di produzione e uno stile narrativo capace di attirare l’attenzione di un orso in letargo.
Donato da Molfetta riesce a passare indifferentemente dalla dimensione del racconto a quella del romanzo. Dalla favola per ragazzi, alle trame complesse per il pubblico più adulto. E ogni volta che parla di una nuova storia, che sta scrivendo o che comincerà presto a scrivere, i sui occhi si illuminano come se fossero potenti fari di un pick up scagliati nella notte della modestia umana.
Quando Altomare sogna, lo fa per far sognare i suoi lettori. Un vero e proprio medium delle dimensioni “altre’’, una sorta di Virgilio moderno per palati raffinati. Quando leggo le sue storie mi torna sempre in mente uno dei miei scrittori preferiti: Theodore Sturgeon. Che faceva della fantascienza una sorta di cornice per raccontare i disequilibri del mondo e proporre le chiavi per scardinarne l’ipocrisia. Non si offenda nessuno ma senza gente come Lino Aldani, Renato Pestriniero e Donato Altomare il fantastico italiano sarebbe oggi solo una riga in più nel lungo elenco di fallimenti della narrativa contemporanea italiana nel panorama culturale europeo.
Quando Donato Altomare era già “qualcuno’’, almeno nella cerchia degli appassionati di settore che affollavano le convention, io muovevo i primi passi da ragazzino sognatore badando bene di camminare in equilibrio (e lui solo sa quante volte non ci sia riuscito) nell’ombra di un grande maestro come Gianfranco de Turris. Oggi, grazie anche alla richiesta dello stesso GdT, mi ritrovo a scrivere la presentazione di un libro di Donato Altomare.
Lasciando stare le lezioni filosofiche di René Guénon, direi che il percorso circolare delle casualità “volute’’ della vita si è compiuto. Ed ora, cullato dalla mia soddisfazione, e non senza un velo di commosso imbarazzo, faccio un discreto passo indietro. Prima di abbandonare la scena, lascio che una mano vi aiuti a scostare il telo di quinta del palcoscenico per introdurvi alla scena di Surgeforas.
Il meccanismo scelto da Altomare è quello dei racconti concatenati che procedono ad incastro fino a svelare al lettore uno scenario coerente. Tasselli di un puzzle che si rivela di fronte agli occhi del lettore solo a narrazione inoltrata. A metà strada tra il fantastico e il gotico, Surgeforas è una storia di dèmoni e uomini e di qualcosa che va al di là della umana concezione di vita e morte.
Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.
Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.
Surgeforas ricorda a tratti le sarabande dei film felliniani, ma come se fossero calati nelle nebbie dei miti nordici dove esseri sovrumani spesso dettano le mosse della storia umana. Un arcobaleno di sensazioni dalle sfumature tendenti al nero. Un arcobaleno che, comunque, preannuncia sempre la fine della tempesta. Anche se sappiamo che, come rivela il romanzo, la tempesta prima o poi si farà rivedere.
Alla fine della lettura, quando ormai era chiaro anche a me che Surgeforas non avrebbe vinto, mi sono lasciato sfuggire un compiaciuto sorriso, certo che l’ennesimo volo di fantasia di Donato Altomare avrebbe lasciato anche in voi, come tutti gli altri suoi romanzi e racconti, almeno un ricordo, una sensazione, una percezione di levità. Come quando si sorseggia un buon vino e si continua ad assaporarne il retrogusto anche a cena conclusa.
Roberto Genovesi
giovedì 1 giugno 2006
Novità: SURGEFORAS (Edizioni Solfanelli)
A metà strada tra il fantastico e il gotico, Surgeforas è una storia di dèmoni e uomini e di qualcosa che va al di là della umana concezione di vita e morte.
Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.
Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.
Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.
Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.
Donato Altomare
Surgeforas
Presentazione di Roberto Genovesi
Copertina di Luca Casalanguida
Edizioni Tabula fati
[ISBN-88-7475-059-5]
Pagg. 216 - € 12,00
Primo Premio "Le Ali della Fantasia" 2005
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