mercoledì 7 giugno 2006

Presentazione di Roberto Genovesi a SURGEFORAS

Niente paura. Non voglio propinarvi una prefazione ridondante di aggettivi ed avverbi. All’autore di questo romanzo non serve. Dunque mettetevi comodi perché è il momento di presentarvi una persona davvero speciale: Donato Altomare.
È difficile in Italia intraprendere il “mestiere’’ dello scrittore. Non basta saper scrivere, anzi, spesso è una condizione che non giova affatto. Più spesso occorre apparire. Donato Altomare non è tipo da compromessi di questo genere e, da buon pugliese di razza, è capace di sbattere la testa contro il muro mille volte pur di arrivare al traguardo senza passare per scorciatoie. Dalla sua ha una fantasia da catena di produzione e uno stile narrativo capace di attirare l’attenzione di un orso in letargo.
Donato da Molfetta riesce a passare indifferentemente dalla dimensione del racconto a quella del romanzo. Dalla favola per ragazzi, alle trame complesse per il pubblico più adulto. E ogni volta che parla di una nuova storia, che sta scrivendo o che comincerà presto a scrivere, i sui occhi si illuminano come se fossero potenti fari di un pick up scagliati nella notte della modestia umana.
Quando Altomare sogna, lo fa per far sognare i suoi lettori. Un vero e proprio medium delle dimensioni “altre’’, una sorta di Virgilio moderno per palati raffinati. Quando leggo le sue storie mi torna sempre in mente uno dei miei scrittori preferiti: Theodore Sturgeon. Che faceva della fantascienza una sorta di cornice per raccontare i disequilibri del mondo e proporre le chiavi per scardinarne l’ipocrisia. Non si offenda nessuno ma senza gente come Lino Aldani, Renato Pestriniero e Donato Altomare il fantastico italiano sarebbe oggi solo una riga in più nel lungo elenco di fallimenti della narrativa contemporanea italiana nel panorama culturale europeo.
Quando Donato Altomare era già “qualcuno’’, almeno nella cerchia degli appassionati di settore che affollavano le convention, io muovevo i primi passi da ragazzino sognatore badando bene di camminare in equilibrio (e lui solo sa quante volte non ci sia riuscito) nell’ombra di un grande maestro come Gianfranco de Turris. Oggi, grazie anche alla richiesta dello stesso GdT, mi ritrovo a scrivere la presentazione di un libro di Donato Altomare.
Lasciando stare le lezioni filosofiche di René Guénon, direi che il percorso circolare delle casualità “volute’’ della vita si è compiuto. Ed ora, cullato dalla mia soddisfazione, e non senza un velo di commosso imbarazzo, faccio un discreto passo indietro. Prima di abbandonare la scena, lascio che una mano vi aiuti a scostare il telo di quinta del palcoscenico per introdurvi alla scena di Surgeforas.
Il meccanismo scelto da Altomare è quello dei racconti concatenati che procedono ad incastro fino a svelare al lettore uno scenario coerente. Tasselli di un puzzle che si rivela di fronte agli occhi del lettore solo a narrazione inoltrata. A metà strada tra il fantastico e il gotico, Surgeforas è una storia di dèmoni e uomini e di qualcosa che va al di là della umana concezione di vita e morte.
Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.
Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.
Surgeforas ricorda a tratti le sarabande dei film felliniani, ma come se fossero calati nelle nebbie dei miti nordici dove esseri sovrumani spesso dettano le mosse della storia umana. Un arcobaleno di sensazioni dalle sfumature tendenti al nero. Un arcobaleno che, comunque, preannuncia sempre la fine della tempesta. Anche se sappiamo che, come rivela il romanzo, la tempesta prima o poi si farà rivedere.
Alla fine della lettura, quando ormai era chiaro anche a me che Surgeforas non avrebbe vinto, mi sono lasciato sfuggire un compiaciuto sorriso, certo che l’ennesimo volo di fantasia di Donato Altomare avrebbe lasciato anche in voi, come tutti gli altri suoi romanzi e racconti, almeno un ricordo, una sensazione, una percezione di levità. Come quando si sorseggia un buon vino e si continua ad assaporarne il retrogusto anche a cena conclusa.

Roberto Genovesi

giovedì 1 giugno 2006

Novità: SURGEFORAS (Edizioni Solfanelli)

A metà strada tra il fantastico e il gotico, Surgeforas è una storia di dèmoni e uomini e di qualcosa che va al di là della umana concezione di vita e morte.

Surgeforas è il nome di un’entità altra, ma anche di un simbolo che rende la fallibilità dell’uomo l’unico strumento invincibile di fronte all’ignoto da cui trae linfa vitale l’inferno. La porta che conduce al cuore del male è un piccolo cimitero sperduto nella provincia italiana.

Altomare muove la narrazione come l’ago di un pendolo tra presente e passato con ritmo sempre più vertiginoso fino a sovrapporre i confini di tempo e spazio. I personaggi che si succedono agli occhi di chi legge sono sempre vividi nei tratti, nei gesti e nella funzionalità al cospetto della storia.






Donato Altomare

Surgeforas
Presentazione di Roberto Genovesi
Copertina di Luca Casalanguida
Edizioni Tabula fati
[ISBN-88-7475-059-5]
Pagg. 216 - € 12,00

Primo Premio "Le Ali della Fantasia" 2005